Libertà di pensiero

Come cambiano sci, scarponi e attacchi Free

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Velocità, stabilità, sicurezza nei salti e nelle figure. Qualche breve pellata, a volte aiutandosi con gli impianti di risalita, per poi scatenarsi su linee vergini, in neve polverosa e senza limiti alla fantasia. La prestazione si fa in discesa e all’attrezzatura si chiedono risposte precise, reattività e tanta sostanza.

Dare una definizione di Free è difficile, forse impossibile. È riduttivo, sarebbe come imporre un confine all’universo. Nel Free troviamo i pistaioli, gli ex pistaioli e gli anti-pistaioli. Poi ci sono gli scialpinisti, i garisti, i corridori che vogliono allargare i propri orizzonti, ma anche gli anticonformisti che non appartengono a nessuna fazione. C’è chi non disdegna gli impianti e chi li ripudia. C’è chi esce solo con la powder e chi aspetta che il rischio valanghe si abbassi. C’è anche chi dice di esserlo, ma poi non esce mai di casa. Però con lo spirito c’è. Ecco, forse il comune denominatore di questa categoria è davvero la voglia di esprimersi, la capacità di tradurre il pensiero in azione. Il freeride è come l’arte. Puoi capirlo, sforzarti di capirlo o addirittura interpretarlo male. Ma sempre interpretazione resta. I freerider altro non sono che interpreti. Interpretano il pendio, la montagna, la linea stessa. Si può aspirare alla cima della montagna, al pendio o alla linea da sogno, c’è chi resta in resort e chi va in spedizione nelle catene montuose sperdute di località oltreoceano.

In Italia l’indole fortemente pragmatica ha spesso frenato le libere espressioni, non da meno nel campo sciistico, dove stiamo ancora pagando l’eredità di una cultura radicata nello sci alpino proveniente dal mondo delle competizioni. Pian pianino però ci si apre a nuovi orizzonti, ecco quindi spuntare sciatori più completi che abbracciano una filosofia di riding moderno dove la pista è rappresentata dalla montagna intera. Nelle altre categorie di solito gli obiettivi sono chiari e condivisi dalla maggior parte degli utenti, nel Free la verità assoluta non esiste, è vero tutto ma anche il contrario di tutto. Non sono frasi fatte, è la mera realtà, è sufficiente organizzare uno ski trip su catene montuose estere per rendersene conto. Lo sviluppo di nuovi materiali ha visto il mercato evolvere soavemente verso attrezzi sempre più leggeri e performanti. In questo segmento il progresso si è tradotto in nuove predisposizioni di utilizzo con l’obiettivo di gite più lunghe e tecnicamente più impegnative del passato. Solo i super atleti potevano permettersi certi progetti e alcune pareti sono rimaste off limit per lungo tempo, accessibili soltanto con l’ausilio di elicotteri. La nuova rivoluzione del freeride è nata proprio dalla possibilità che abbiamo oggi di raggiungere le cime più remote in totale autonomia, lo stile alpino può essere portato sulle montagne di tutto il globo. Oltre ai materiali più leggeri impiegati, si sta puntando molto su ingredienti riciclati o di derivazione organica.  

Tutte le maggiori aziende del settore puntano a ottimizzare la propria impronta ecologica, a partire da quei lavorati e semi-lavorati che spesso girano diversi continenti prima di arrivare in catena di produzione.

Del resto in prima linea a pagare dazio ai cambiamenti climatici c’è proprio l’industria dello sci ed è doveroso da parte del settore impegnarsi per non aumentare le problematiche ambientali. Ecco quindi fianchetti color arlecchino riassemblati con i ritagli di produzione, lo stesso vale per gli inserti degli scarponi e alcuni rivestimenti delle scarpette. Le colle di derivazione petrolchimica sono sostituite in molti casi da nuove bio-resine di origine vegetale, meno aggressive anche per gli operai. È soltanto l’inizio di una nuova era, speriamo che possa portare a una produzione, un utilizzo e un ciclo di vita in generale più attento all’ambiente.

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