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Bastoni da scialpinismo

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La maggior parte degli scialpinisti (e degli sciatori) sceglie lunghezze esagerate per le reali esigenze tecniche, che risultano controproducenti in salita come in discesa. Il bastone è una delle scelte più consapevoli del set e richiede una buona formazione. Altrimenti andrà a incidere su stile e biomeccanica senza che ce ne renderemo conto.

Però la maggioranza degli scialpinisti ha un metodo di compensazione agli errori fatti in fase di acquisto: il bastoncino a lunghezza regolabile. Ecco le due grandi verità che riguardano i bastoni per chi va fuori. Per capire la prima affermazione permetteteci una battuta: pensare che un bastone lungo spinga forte è come credere che basti avere un bastone da 7 metri per fare il record del mondo di salto con l’asta. Non è il caso di dilungarsi in disquisizioni di biomeccanica, ma sappiate che sceglierlo (o regolarlo) lungo è ingannevole: farete più fatica in salita e poi scierete peggio. 

Meglio più corto

Naturalmente è una forzatura, ma è un dato di fatto che si tenda a usare il bastone più lungo di quanto serva. Una rilevazione presso i nostri tester e tra altri professionisti aveva già dato negli anni scorsi 0,67 come moltiplicatore nel rapporto tra taglia dei bastoni effettivamente utilizzati e statura dello sciatore nel touring. Professionisti e aziende indicano qualche centimetro in meno per la sciata tecnica/aggressiva, nevi profonde, ripido. Ancora più corti per utilizzi freestyle e park. In ogni caso il moltiplicatore, mettendo in media anche le indicazioni delle aziende, risulta un valore tra 0,68 e 0,70, valido in discesa come in salita (Tour e Light). La propria statura x 0,76 sembra un buon criterio generale invece per l'approccio sportivo impegnato e le gare. 

Quanti pezzi?

Il bastone in un unico pezzo a lunghezza fissa è sensibile, fermo, preciso, leggero, resistente e più bilanciato rispetto ai pari grado due pezzi/tre pezzi, che sommano ai meccanismi di blocco anche le parti di sovrapposizione dei segmenti di tubo. All’estremo opposto i telescopici tre pezzi risultano i più sordi, pesanti, lenti in controllo, soggetti al vento, delicati rispetto al rischio di incidente meccanico. Andrebbero scelti per le uscite che prevedano la necessità di stivarli all’interno dello zaino (avvicinamento in sci da lasciare alla base, parete Nord difficile a tiri, ritorno lungo e facile-secco alla base, cioè mai) perché sono quelli con ingombro più ridotto quando chiusi. In mezzo alle due scelte più radicali i costruttori presentano un grande numero di bastoni telescopici due pezzi che, nelle versioni più pregiate, non cedono molto terreno a quelli a canna fissa. Un solo morsetto di blocco/regolazione, e ormai ben sviluppato, è accettabile in termini di giochi e sensibilità, specialmente se almeno la canna inferiore conificata fosse in carbonio e la rotella di dimensioni moderate, diciamo diametro 80/85 per l’utilizzo medio diffuso.

La canna: alluminio, carbonio o ibrido?

Esistono differenze anche forti all’interno delle due famiglie di materiali, ma quelle in carbonio sono generalmente più rigide, leggere e sensibili di quelle in alluminio. 

Capitolo resistenza meccanica: scherzando ma non troppo si potrebbe sintetizzare che il carbonio si spezza ma non si piega, l’alluminio si piega ma non si spezza. Nella realtà i casi di rotture vere e proprie oggi sono molto rari. Le canne in alluminio, specialmente se di bassa gamma, tendono a deformarsi se caricate in caduta o in incastro (buchi, radici, tra i sassi). Entro certi limiti e con buona manualità si possono raddrizzare a sufficienza, anche sul campo, ma non avranno più le stesse caratteristiche meccaniche di prima. Sciatori sensibili ed esigenti otterranno più lettura del fondo attraverso la rigidità nervosa del carbonio e più controllo/velocità al polso, specialmente in abbinamento a puntali corrispondentemente leggeri.

Puntali: widia & co

Il Widia (da WIe DIAmant -come diamante - creato nel 1926 da Krupp, polveri di carburo di tungsteno sinterizzate) è il top. L’acciaio, anche temprato, non ha grande presa su roccia, ghiaccio, asfalto se non occasionalmente e si usura subito, arrotondando la punta più rapidamente che quelle dei ramponi.

Le punte cilindriche a testa cava o raggiata (meglio la prima, più durevole e versatile nella varietà degli appoggi, solo raramente tendente al ghiaccio nel cavo) sono quelle preferibili sotto bastoni touring, freeski e per lo sci alpino di alta gamma: agganciano sufficientemente bene sotto tutti gli orientamenti e con angoli di appoggio nella norma. Manutenzione casalinga (affilatura) impossibile ma durano una vita, sono difficili da rompere e quasi tutti i costruttori vendono il gambo puntale di ricambio. Le punte a scalpello sono adottate sotto puntali sportivi/race, e sono orientate per agganciare con altissima efficacia, ma solo su asse e direzione di spinta, con poca tolleranza in angolo orizzontale e molta in angolo verticale. In discesa su sentiero e terreno roccioso i bastoncini con questa punta andrebbero impugnati al contrario, cosa che pochi fanno, quindi si crea pericolo di scivolata, anche per via del basket co-orientato che fa leva e scalza dal fondo. Sono le uniche punte con aggancio certo su qualunque asfalto anche gelato (ci si fa skiroll) e, se ben tenute, su roccia liscia. Sono facilmente affilabili con operazione anche casalinga di non così frequente necessità, ma che richiede la mola giusta, raffreddamento costante con acqua, un po’ di manualità e di competenza.

Il basket: rigido, morbido, basculante o da gara?

Nella stragrande maggioranza dei bastoncini touring e freeski c’è la rotella classica. Alcune versioni hanno un lato rettilineo su una corda del tondo, irrigidito e affilato per raschiare lo zoccolo formatosi sulla pelle, ribaltando lo sci punta su spalla. Il problema numero uno dei basket però non sta nella dimensione e nella maggiore o minore portanza in appoggio, ma nell’uscita dai buchi nella neve in recupero dall’appoggio dopo il passo o sciando.

Meglio dunque le rotelle flessibili in plastica morbida, magari suddivise in cinque-sei settori o petali indipendenti. Anche in sciata veloce passano più regolari nel/sul manto nevoso. Le rotelle basculanti offrono un aggancio superiore al fondo in camminata a chi mantiene una buona regolarità nel movimento del braccio su un arco di cerchio parallelo alla direzione di marcia e passante abbastanza vicino al corpo. Però possono riservare cattive sorprese nei fuori programma, specialmente se il flottaggio è duro e bascula con difficoltà, e uscendo da buchi di neve indurita. A ridurre queste casistiche e per garantire aggancio al fondo più costante, per i meno esperti suggeriamo una buona lunghezza relativa del gambo, quella parte plasticata che sta tra la rotella e la punta metallica. Sui bastoncini sportivi e race si utilizzano basket orientati, con superficie di appoggio situata solo al posteriore del bastone. Questa soluzione cancella del tutto il problema principale delle rotelle, l’uscita difficoltosa dalle buche e gli agganci incidentali alle irregolarità. Pone invece un problema speculare ai meno esperti: la necessità di orientare il bastone su alcuni fondi per trovare l’aggancio.

L’impugnatura: sagomata o race

Quelle sagomate sull’anatomia della mano che le stringe, similmente a quelle per lo sci alpino, sono indicate per touring e freeski. Controllo di bastoni anche pesanti e precisione in puntamento le caratterizzano, grazie anche a sezioni di diametro maggiore e alla testa variamente allargata. La sagomatura trasmette alla mano dello sciatore anche più informazioni quando il bastone interno striscia sul fondo in curva.

Per l’approccio sportivo, e obbligatoriamente per le gare, sono indicate quelle a sezione tendenzialmente ovale, continue, sottili, senza sedi per le dita del pugno chiuso. Sono quelle per lo sci di fondo meno specializzato, che lasciano molta libertà alla mano sul passo e in recupero del bastone a fine spinta. Nell’approccio sportivo non sono rare parti in scivolata spinta, pattinaggio, scaletta e spina di pesce dinamiche scivolate, passo alternato di base con fase di scivolamento. Tutte tecniche che, se correttamente eseguite, prevedono anche fine spinta e recupero volante a mano aperta del bastone, fase tecnicamente detta di swing. I materiali delle impugnature: il sughero, oggi solo in versione truciolare compresso in mix con plastiche o colle, non è roba antica o da esteti. La sua leggerezza non è un fattore determinante come prima, ma lo sono le caratteristiche in termini di termicità, perché quel poco di attrito determinato a ogni appoggio dai piccoli scorrimenti del guanto o della mano nuda su sughero sviluppa più calore rispetto ad altri materiali. L’inerzia termica è alta, il sughero è un ottimo isolante naturale. Le plastiche dure sono fredde: belle lisce e costano poco, ma hanno scarsa inerzia termica. Le schiume, o foam, generalmente espansi EVA, sono la soluzione più diffusa oggi, resistenti agli urti e ai tagli, con buone caratteristiche termiche.

Passamano: a lacciolo o a guantino?

Il sistema guantino più aggancio a scatto è per agonisti di alta classifica che abbiano tempo e voglia di allenare uscita e vestizione dei bastoni nei cambi di assetto. Diversamente, può risultare più macchinoso del lacciolo tradizionale.

Non tutti i click vanno subito a buon fine e tutti richiedono attenzione e un respiro in più per centrare la sede. Invece l’entrata da sotto nel vecchio passamano ad asola è un movimento naturale, che tutti possono eseguire già in moto. Inoltre quelli con una leggera imbottitura e bordo cucito hanno il pregio di tenere sempre aperta l’asola e di irrigidire la fettuccia: entrata e uscita sono pressoché istantanee e la fettuccia non si piega né si attorciglia nel passaggio della mano guantata. Sull’efficacia del rilascio di sicurezza non esistono statistiche: strattonandoli al banco non si aprono, immaginiamo che in valanga forse sì, quindi: male non fanno. Però c’è anche una tendenza a sciare senza lacciolo, fa fico, sembra che arrivi dritto da Cham. Sapevatelo.

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